Sono ai Giardini del Quirinale. Dietro i controlli di sicurezza. Passano tanti volti noti, sono l’Italia che comanda. Alcuni sono noti anche alle cronache giudiziarie purtroppo. Qualche sottosegretario dimissionato. Qualche ex capo della Rai cacciato. Penso: povero presidente che gli tocca passare la festa della Repubblica anche con gente così. Per fortuna che ci sono i bambini. I suoi Alfieri. Non i corazzieri. E nemmeno i cavalieri della Repubblica. Ma gli alfieri proprio. I giovani italiani di cui andare fieri. Alle 1730 li ha premiati nella Sala della Pendola, una piccola saletta al primo piano del Quirinale dove c’è appunto una pendola. Questa storia degli Alfieri è una sua innovazione. Dirà il presidente, felice e quasi commosso, dopo aver premiato questa pattuglia di ragazzini: “Complimenti alle vostre famiglie che vi hanno permesso di fare quello che avete fatto. Siete la prova che nella vita non bisogna attendere di diventare vecchi o molto adulti per fare cose belle e importanti”. Anzi, ho aggiunto in cuor mio. Spesso sono gli adulti a fare le cose peggiori no?
Le storie degli Alfieri di questa tornata sono bellissime, roba da prima pagina: tre bambini che hanno salvato la vita a una sciatrice mentre tanti adulti non se l’erano sentita di soccorrerla; un direttore d’orchestra di 12 anni che suona per coetanei con problemi fisici; una immigrata che ha dimostrato con i suoi atti l’importanza della integrazione nel rispetto delle diverse culture. E poi Federico, Federico Morello. L’Alfiere della banda larga. Continua